2008 – Se tu conoscessi il dono di Dio

In questo presepe abbiamo voluto leggere l’evento del Natale alla luce dell’incontro di Gesù con la Samaritana. Ci hanno interpellato le parole:

“ Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che te lo dona …” [Gv 4,10]

Nella ricerca di comprendere il dono che si è compiuto per noi nel giorno del Natale di migliaia di anni fa abbiamo voluto dare rilievo a tre  elementi  : il tempo,  la sete e  l’acqua.

Il primo elemento, il tempo, è evidenziato e racchiuso nel riquadro che nelle nostre intenzioni abbraccia contemporaneamente il passato, il presente e il futuro. Abbraccia tutta la continuità della storia, di generazione in generazione.

Le tre fette di albero poste a sfondo vogliono evidenziare lo scorrere del tempo, già la loro struttura ad anelli concentrici ci ricorda la lenta crescita dell’albero da cui provengono.

Nella fetta posta dietro la sacra famiglia ci hanno colpito due particolari: il centro e la spaccatura. Il centro fa riflettere che tutto lo scorrere del tempo ha un suo centro vitale, un nucleo originale che dà senso preciso allo scorrere del tempo. La spaccatura vuole evidenziare che nella realtà temporale concreta ad un certo punto serve una interruzione, una frattura, una apertura che permetta l’emergere di una realtà altra che interpella la persona. La prima fetta di albero è il passato, l’evento della irruzione nel tempo della forza vitale di Dio che vuole portare a pienezza armonica la realtà umana.

La seconda fetta che fa da sottofondo all’incontro di Gesù con la Samaritana evidenzia un evento del passato che ci parla di una realtà sempre in atto: la sete di Dio e la sete dell’uomo. Subito davanti vi è il pozzo, luogo di incontro delle due seti. Profondità sconosciuta e inquietante che chiede di emergere nella nostra realtà.

La terza fetta fa da sfondo all’ambiente domestico che simboleggia il quotidiano che è il momento presente dell’incontro delle due seti sempre attuali. È nel quotidiano che abbiamo l’unica possibilità di accesso al mistero di Dio , la possibilità di esserne interpellati  e la possibilità di una nostra risposta.  Ogni attimo di presente costruisce quel futuro che Dio sta sognando per l’uomo. Essere disponibili all’incontro con Dio nel quotidiano costruisce il futuro che Dio vuole compiere.

Tutto questo scorrere del tempo è posto sotto il drappo bianco che simboleggia tutto l’amore provvidente, tenero e misericordioso di Dio, che tutto in sé comprende e porta a pienezza, che tutto sorregge e guida verso la pienezza di Vita.

Il secondo elemento è la sete, che è – come già abbiamo detto – sete di Dio e sete dell’uomo.

Sete dell’uomo che procede inquieto guidato da un anelito alla vita completa e perfetta, verso una pienezza sempre maggiore, più intensa e corrispondente al sogno di Dio per ciascuno di noi.  La sete dell’uomo ci guida in un cammino di ricerca del tesoro che c’è in noi, alla impresa di un lavoro di scasso nel profondo dell’essere perché la sorgente di vita che è nel profondo della nostra coscienza venga alla superficie e dia i suoi frutti di vita, di gioia e di bene.

La sete di Dio è quella svelata così bene a noi da Gesù che ieri oggi e domani  si fa viandante nelle nostre strade perché vuole rispondere con pienezza alla nostra sete. Cristo soffia l’alito dello Spirito su di noi per dirci: in me siete nuovamente ricongiunti con la sorgente del vostro essere. La sete di Dio è amore trepido e tenero che ci cerca continuamente, che vuole parlarci al cuore in ogni evento della nostra vita, felice o triste. Nessun evento ci può allontanare da questa Sua sete che ci cerca tenacemente perché vuole offrirci la pienezza della nostra vita. Lui solo ha acqua che disseta in qualità e durata. Egli è insieme il Donante e il Dono. Gesù vuole donarsi a noi per tenere viva in noi la fonte dell’amore che disseta. Egli vuole che ogni nostro amore sia vitalizzato della Sua acqua così che il nostro amore diventi a sua volta pozzo disponibile alla sete di chiunque ci incontra dandogli la possibilità di incontrare la tenerezza di Dio. Ogni nostra maceria e miseria se visitata dalla sua acqua di vita può essere ricostituita a pozzo che disseta noi e quanti ci stanno intorno.

Così ci siamo già introdotti nel terzo tema dell’acqua. Acqua che scaturisce dall’anfora che simboleggia il dono sempre pronto per tutti e disponibile ad estinguere la nostra sete. Acqua che è prima della storia ( i fili d’argento sul drappo bianco) per chiamare tutto ciò che esiste alla vita; e che è dentro la storia guidandola verso il compimento del progetto di amore che Dio ha su di essa. Acqua che scaturisce senza fine per la inesauribile fantasia di Dio che in ogni situazione dona grazia e costruisce comunione. Acqua che non è rinchiudibile in recinti perché ha la capacità di sgorgare da ogni incontro di persone disponibili ad amare.  Acqua che ha sgorgato potentemente dall’incontro di Maria e di Giuseppe che si sono resi disponibili al richiamo di Dio, ma che può scaturire da ogni pozzo di relazione umana basata sulla verità, giustizia e capacità di accoglienza. Acqua che ci giunge dalla Sua Parola ( i rotoli posti nel pozzo a disposizione di chi desidera attingere) e da ogni incontro col fratello.  Acqua che può sgorgare in ogni momento dal nostro quotidiano, quando esso si apre ad accogliere Dio e i fratelli, e può fiorire in una rete di rapporti che sembra fragile e delicata agli occhi dei potenti, ma brilla agli occhi di chi la sa vedere con gli occhi di Dio (la rete di piccoli fili argentati che ricopre tutto il presepe). L’acqua viva è trasferibile nelle nostre relazioni di amore facendole diventare acqua viva per ogni sete. L’acqua viva ci rende capaci di perdono, comunicando agli altri quello Spirito Santo che Cristo ha comunicato agli apostoli e che è forza, energia che ricongiunge la terra con il cielo, l’uomo con l’uomo, l’uomo con tutti gli altri esseri. Per la forza dello Spirito noi siamo resi partecipi del mistero divino, del mistero di partecipazione compassionevole e appassionata a tutto l’esistente. Lo Spirito Santo a noi donato da Cristo apre in noi un nuovo respiro, una nuova capacità di entrare in rapporto profondo e vivente con tutti gli altri esseri, eliminando ogni divisione, eliminando ogni giudizio.

Questo presepe ci vuole richiamare al Dio che ci abita e che chiede di nascere in ogni nostra relazione. Ci aiuta a vedere nella vita un fluire verso un destino che sfugge alla nostra coscienza attuale, ma di cui abbiamo un presentimento. Ci vuole ricordare che la nostra vita può essere portatrice di apertura, di novità, di vita. Ci vuole aiutare a  vedere e quasi toccare la forza della Resurrezione che è sempre in atto per creare una società nuova, nella solidarietà e nella comunione. L’uomo vero ancora non è completamente nato in noi, noi non abbiamo ancora portato a compimento tutte le possibilità di vita che Dio ha messo in noi. Eppure a tratti quell’uomo vero, completo e armonico , mite e perseverante, disponibile e accogliente noi lo abbiamo intravisto. Noi aspiriamo a quest’uomo, vi tendiamo con nostalgia potente, con desiderio struggente perché vi riconosciamo l’unica nostra possibilità di felicità.  Il presepe ci ricorda che se attingiamo al pozzo della Sua Parola e della Sua grazia, possiamo essere ogni giorno creature nuove come Cristo che esce dal sepolcro e annuncia agli uomini pace e gioia senza fine. Ci ricorda che la nostra opera è portare il perdono, la pacificazione, intervenire nella vita perché gli uomini si prendano per mano e cantando vadano incontro al loro grande destino che non nasce da loro ma nasce da Dio. L’umanità è in cammino verso una pienezza di vita di cui noi saremo partecipi e di cui siamo costruttori nella misura in cui ci liberiamo dei nostri peccati, delle nostre separazioni dalla sorgente divina da cui viene il nostro essere, delle nostre separazioni da tutti gli altri uomini e da tutte le creature. Se il nostro agire nascerà dall’acqua viva di Cristo non sarà giudicante  verso gli altri e avremo un atteggiamento sereno e positivo, di piena pace anche nei momenti di dolore, nei momenti di sofferenza, nei momenti travagliati del nostro presente perché avremo una visione, anche se a contorni sfumati,di quello che un giorno l’uomo raggiungerà. Tutti gli uomini di buona volontà (perché amati da Dio) sono chiamati a collaborare all’apparizione dell’uomo vero, che è l’uomo risorto da tutti i sepolcri, che ha superato tutti gli egoismi, che ha rotto tutti i gusci che lo imprigionano e si è reso universale.  Se dubiteremo che questo si possa realizzare, ricordiamo che è Lui che costruisce in noi il suo Regno e ricordiamo la promessa:

“L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente che zampilla per la vita eterna” [Gv 4,14]

[con spunti tratti dalle meditazioni di mons. Bonetti e di Giovanni Vannucci]